Sequestrati 10mila jeans
La merce ceduta da una società inglese a due ditte romane. L’accusa della Procura: «Vendita di prodotti industriali con segni mendaci»
Operazione della guardia di finanza e dei funzionari doganali al valico di Brogeda: due denunciati
Sui jeans campeggiava il marchio “made in Italy”. Ma di “Italy” avevano solo la destinazione, ovvero Roma, perché tutto il resto parlava un’altra lingua, il cinese.
Oltre 10mila capi per uomo e per donna sono stati sequestrati alla dogana commerciale di Brogeda dai militari della guardia di finanza di Ponte Chiasso, in collaborazione con i funzionari doganali della sezione operativa territoriale. I capi di abbigliamento si trovavano su un Tir in arrivo dalla Germania e in ingresso in Italia passando dalla Svizzera.
La merce - a quanto pare - era stata sdoganata proprio in Germania, anche se l’affare era stato portato avanti da una società inglese (la parte venditrice) e due società romane, le acquirenti.
I due rappresentanti delle ditte della capitale (un 30enne cinese e una 50enne italiana) sono stati denunciati dalla guardia di finanza alla locale Procura della Repubblica.
Il reato contestato è quello della vendita di prodotti industriali con segni mendaci.
Le indagini sono tuttavia appena all’inizio. L’intenzione è infatti quella di verificare che la composizione dei jeans sequestrati (materiale e tinte) non fosse pericolosa per la salute degli acquirenti.
I pantaloni, tra l’altro, erano stati prodotti in Cina e venduti a un prezzo di 45 centesimi l’uno, somma cresciuta di qualche centesimo (e non di più) nella fase della rivendita della merce tra l’Inghilterra e l’Italia. È facile dunque immaginare l’ampio margine di ricavo dei jeans con il finto marchio “made in Italy”, una volta piazzati sul mercato della Penisola.
L’intervento al valico di Brogeda è scattato dopo il controllo di un autoarticolato proveniente dalla Germania con un carico dichiarato di generici «indumenti» venduto da un’impresa inglese alle due società romane.
Tra i documenti doganali, tuttavia, i finanzieri e i funzionari di Ponte Chiasso hanno trovato anche una fattura che testimoniava l’acquisto del carico fatto dalla ditta inglese in Cina.
Le indagini hanno poi portato a ricostruire il giro, risalendo alle due società romane dove erano diretti i jeans e pure alla falsa presenza del “made in Italy” su tutti i 10mila paia di pantaloni.
Come detto, il notevole carico è stato così sottoposto a sequestro da parte della guardia di finanza e i due legali rappresentanti delle società romane, che si apprestavano a immetterli sul mercato, sono stati denunciati alla procura cittadina che ha aperto un fascicolo di indagine.
In attesa di sapere dalle consulenze e dagli accertamenti ordinati la qualità dei prodotti ed eventuali problemi legati alla composizione dei capi e al pericolo per la salute dei clienti.
FONTE: CORRIEREDICOMO.IT