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2015-01-01

E-commerce, Liscia: "Defiscalizzare l'export online"

Il mercato italiano dell’e-commerce è cresciuto del 20% nel 2011, raggiungendo un giro d’affari complessivo di 9 miliardi di euro. Ma a fronte di questo incremento del canale digitale, appena il 5% delle aziende italiane utilizza il canale dell’e-commerce, a fronte di una media europea del 15%, con picchi del 30% nei paesi nordici. In Belgio il fatturato online delle aziende è superiore al nostro.
“Il problema in Italia è che importiamo online merci per un valore di 2,5 miliardi di euro, a fronte di esportazioni per un valore complessivo di poco superiore al miliardo di euro – dice Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio dell’e-commerce italiano membro di Assinform e parte di Confindustria Digitale - Dobbiamo supportare l’export online, per promuovere la vendita di prodotti made in Italy. Il Governo Monti nel quadro dell’Agenda Digitale dovrebbe introdurre al più presto delle agevolazioni per le aziende, defiscalizzando l’export online”. Tanto più che il gap da colmare con il resto dell’Ue è ampio: “Sommando il fatturato dell’e-commerce dei primi 30 gruppi europei tradizionali come ad esempio Tesco, escludendo i player “pure internet” alla Amazon – aggiunge Liscia – si arriva ad una somma quattro volte superiore a quello dell’Italia. Le aziende europee hanno grandi dimensioni e hanno investito in innovazione. Le imprese italiane, invece, sono per lo più Pmi con scarsa propensione all’adozione di nuove tecnologie e di nuovi canali di vendita”.


Oggi, per vendere i loro prodotti all’estero, le Pmi italiane si affidano a piattaforme internazionali, in primis eBay e Amazon. “Per questo motivo, è opportuno che il Governo Monti  pensi allo sviluppo di una piattaforma di contenuti del Made in Italy, una sorta di Wikipedia delle imprese italiane – propone il presidente di Netcomm – per consentire alle piccole aziende italiane di consorziarsi e gestire così in maniera più efficace la loro indicizzazione sui motori di ricerca. Attraverso progetti consortili, inoltre, le nostre Pmi potrebbero creare sinergie sul fronte della logistica per favorire l’export”.


In Europa il commercio elettronico cross-boarder rappresenta appena il 9% del giro d’affari dell’e-commerce dell’Ue. “Uno dei vincoli all’export online è la mancanza di fiducia nei merchant e nei sistemi di pagamento, spesso insufficienti – precisa Liscia – La diffusione capillare delle carte di credito è stata un plus, ma non tutti i paesi europei si fidano ad usare la carta per acquistare all’estero. PayPal è stato un facilitatore, ora bisogna incrementare l’uso del mobile payment e dei nuovi strumenti. Ma manca ancora uno strumento comune, condiviso dal sistema bancario per le transazioni digitali. Per superare questo ostacolo, stiamo sviluppando con L’Eba (European banking association) una piattaforma comune per il pagamento con addebito diretto sull’home banking, per facilitare il processo di pagamento. E’ necessario che le banche italiane si adeguino al più presto, puntando sull’home banking per l’e-commerce. Anche perché le carte prepagate, che funzionano bene e sono molto usate in Italia, troppo spesso non vengono riconosciute all’estero”. Per superare queste difficoltà, creare standard condivisi e promuovere l’export, il Consorzio Netcomm ha creato la European e-commerce association, l’associazione europea che raccoglie sette paesi europei, fra cui Francia, Belgio, Norvegia, Olanda e Danimarca.    


Un altro strumento per incentivare la promozione del made in Italy online è “la creazione di un’Ice digitale, un Istituto per il commercio estero dedicato al commercio elettronico – aggiunge Liscia – l’obiettivo è quello di raggiungere nel più breve tempo possibile il 20% di aziende italiane attive online, anche perché le nostre aziende sono piccole rispetto all’Ue e quindi lo sforzo per portare online le nostre imprese sarà più duro. Questo sarà possibile soltanto se il Governo Monti, insieme a Confindustria e all’Ice Digitale, investirà sulla cultura digitale delle imprese e soprattutto sulla formazione”.

 
Serve, insomma, “un progetto intelligente e coordinato fra Governo, Confindustria e settore bancario per non restare indietro – chiude Liscia – noi abbiamo siglato un accordo con il governo cinese e con Union Pay, la CartaSi cinese, il circuito che conta 2 miliardi di carte a livello globale. In Cina ci sono 157 milioni di clienti online. L’obiettivo di Pechino è arrivare in tre anni ad una quota del 9% del retail online. Di certo il Governo Monti dovrebbe avere un occhio di riguardo per Pechino, allo scopo di incentivare il turismo, gli scambi e l’export del made in Italy in Cina. Serve un accordo fra governi”.           

Fonte: CorriereComunicazioni.it

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